
Articolo di Mauro Cioffari
Faccio parte di quella generazione che, negli anni ’80, in età adolescenziale, ha subito, in silenzio, il bullismo (nel mio caso di matrice omofobica). Da parte dei coetanei ma anche da parte di alcuni adulti. Dalle scuole elementari fino al liceo.
Quando sul muro delle scale del Liceo Scientifico “Giovanni Keplero”, al secondo piano, comparse la scritta rossa “CIOFFARI FR*CIO” mi sentii male, tornai a casa, mi chiusi in camera e non ne parlai con nessuno. Da quel momento fu tutto più difficile.
Le voci, gli insulti, i pettegolezzi, che per anni erano circolati in maniera vile e a bassa voce, e che avevo cercato di evitare nascondendo e rifiutando la mia diversità, trovavano ora uno spazio di condivisione più ampio: le pareti della nostra scuola. La mia “zona di conforto”.
Nessuno reagì: gli insegnanti non avevano gli strumenti necessari e le associazioni, che successivamente avrebbero portato nelle scuole progetti di educazione alle differenze e di inclusione, stavano appena nascendo. Non esistevano, del resto, nemmeno “modelli di riferimento” positivi per un giovane non eterosessuale.
Il mio incerto percorso di studi, per l’ennesima volta, traballò. Ma nonostante tutto riuscii a completare il liceo con buoni risultati.
Dopo 35 anni mi arriva la testimonianza e la solidarietà di un ex compagno di scuola che scrive di quei fatti:

“Non so se ti ricordi ma all’epoca tu stavi tipo VB e io IA. Ti volevo dire che la scritta rossa sul muro “Cioffari fr****” me la ricordo. E da quel momento hai avuto molti più amici di quello che potevi immaginare. Io ero uno di quelli”.
Ieri come oggi, nella fase in cui si costruisce e si fortifica l’autostima, migliaia di ragazze e di ragazzi, ogni giorno, vengono derisi, umiliati e feriti perché “diversi”, perché non conformi alla cosiddetta normalità frutto di una cultura borghese, eteropatriarcale e machista difficile da superare.
Non sottovalutate mai il silenzio dei vostri figli, dei vostri compagni di classe, dei vostri fratelli, dei vostri colleghi di lavoro. Spesso può essere il risultato di un disagio frutto di una cultura giudicante ed escludente.
Per queste ragioni, da quando ho fatto coming out (prima in famiglia e poi tra gli amici), da quando cioè ho preso coscienza della mia “unicità” e del mio “valore”, ho dedicato la mia formazione universitaria e post universitaria a contrastare l’omolesbobitransfobia discutendo prima una Tesi sull’educazione alla sessualità nelle scuole e sul disagio degli adolescenti omosessuali (analizzando il fenomeno del suicidio giovanile) e diventando poi formatore Agedo (associazione parenti ed amici di persone omosessuali). Portando così, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, insieme a numerose associazioni LGBTQ+ (e non solo) la mia esperienza e le mie competenze. Esperienze e competenze che ho condiviso ovunque ho potuto (trasmissioni radio / TV, interviste, pubblicazioni).
Sono convinto che i pregiudizi vadano contrastati prima di tutto nei luoghi di formazione e di crescita attraverso momenti di sensibilizzazione, di formazione e di informazione. E tra questi, oltre alle famiglie e alla scuola, metto anche i luoghi di lavoro.
Nel 2007, nell’ambito di un progetto concordato dal Tavolo di Coordinamento permanente istituto tra associazioni LGBTQ+ e Comune di Roma, ho avuto l’opportunità di formare, insieme ad altri divulgatori, centinaia di dipendenti capitolini.
Tra il 2019 ed il 2020, in accordo con la Direzione del personale Atac e con il Diversitity Management aziendale, ho svolto dei corsi sulle tecniche di contrasto al fenomeno dell’omolesbobitransfobia tra i miei colleghi. Esperienze che devono essere ripetute.
Il seme dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione, infatti, viene piantato negli adolescenti ma viene irrigato, nutrito e fatto crescere anche in età adulta. È per questo che la formazione deve essere permanente e ricorrente.
Un compito a cui non può sottrarsi la classe politica e dirigente del nostro paese: favorire momenti formativi e di crescita individuale e collettiva.
Lotta al bullismo tutti i giorni.
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